Occuparsi del giocare come attività va al di là dell’occuparsi del giocattolo come oggetto. Richiede di riflettere su cosa stimola intorno al bambino tale attività, stimoli consapevoli ma anche inconsapevoli portati loro incontro dal mondo che li circonda, il loro rapporto con ciò che sta fuori ma anche con il loro stesso corpo. Con il tastare, l’esplorare, lo scoprire, il muoversi verso e con quale disposizione di animo. Ci troviamo di fronte ad esploratori audaci che si tuffano in ogni nuova situazione, quasi fossero dotati di ali invisibili ai nostri occhi ma in un qualche modo da loro percepite e sempre fiduciose e fiduciosi della nostra provvidenziale presenza oppure a individualità caute e prudenti che hanno bisogno della nostra rassicurante presenza per tentare le loro prime conquiste?

Con diverse coloriture sono tutte attività alle quali tutti i bambini si dedicano già dai primissimi mesi di via, nella culla, quando cominciano ad esplorare il mondo portando tutto alla bocca comprese le loro manine, la copertina… ed in seguito anche i piedini. Quindi giocare come attività propria dell’essere umano per esplorare il proprio corpo ed il mondo che li circonda. Dobbiamo fare attenzione già ai primi oggetti che mettiamo alla portata di bambini molto piccoli, nella consapevolezza che loro inevitabilmente li porteranno alla bocca. Assistiamo così alle prime attività ludiche del bambino, del giocare mosso da un elemento istintivo. Istintivo ma funzionale anche alla sopravvivenza. Nei primi giorni di vita è la madre che porta il seno al suo piccolo, ma man mano che cresce ecco che si muove spedito verso il capezzolo della madre. Le mamme sanno quanto i bambini, saziata la prima fame, iniziano a giocare con il loro seno, a batterci sopra le manine, a staccarsi e riprenderlo. Assistiamo anche in questo caso all’emergere di una primissima attività ludica, di un giocare.

Quale attività interiore muove ogni essere umano verso questa istintiva esplorazione che definiamo: giocare? Steiner definisce questa attività con la parola “volontà”.  La volontà la descrive come il germe, già insito in noi, che ci accompagna tutta la vita fino alla morte per diventare la realtà animico spirituale che sarà in noi dopo la morte. Una immagine di volontà che trascende ogni definizione di volontà contemplata da chi prima di lui ne abbia cercato l’essenza. La volontà riconosciuta come una entità non percepibile ai sensi già da Socrate, viene indagata nei secoli nella sua relazione con la virtù e la libertà. Siamo liberi nel nostro volere oppure siamo predestinati e nulla possiamo fare in questa direzione? La buona volontà è un dono divino oppure possiamo fare qualcosa per conquistarcela?  Schopenhauer che ha messo lo studio della volontà al centro della sua indagine filosofica, riconoscendone la natura spirituale ne ha presentito l’essenza, ma non ne ha potuto presentire la natura di germe animico-spirituale che si sviluppa nel mondo spirituale dopo la morte.  Per approdare a questa visione è necessario riconoscere l’essenza dell’uomo come entità che si evolve in un susseguirsi di incarnazioni, che, come tale, non nasce e non muore ma si manifesta in una corporeità mortale con cui deve trovare la via per armonizzarsi. Aiutare il bambino in questo compito che lo coinvolge già dal primo respiro è il compito dell’educatore, genitore o insegnante che sia.

Steiner riconosce quindi alla volontà un compito straordinario nella nostra evoluzione, ci spinge verso il futuro ed è mossa dalla forza della simpatia, non come vago sentimento ma come vera e propria forza di attrazione verso il futuro. Questo in una polarità con la forza dell’antipatia che ci aiuta ad allontanarci da ciò che abbiamo superato, vedi la nostra condizione prima della nascita. È grazie alla forza dell’antipatia che il bambino è in grado di farsi le sue prime rappresentazioni, ad entrare in contatto con i primi barlumi di coscienza ed iniziare a pensare. Ma è il germe della volontà insita già nel bambino piccolo che lo porta a sentirsi attratto, a provare simpatia per tutto quanto lo circonda. Questo in modo istintivo. Steiner nel corso tenuto ai primi maestri Waldorf, a Stoccarda nel 1919, porta a loro incontro come si sviluppa la volontà nell’essere umano in crescita e come questa evoluzione sia in relazione allo sviluppo delle nostre parti costitutive.

Parte costitutiva:             Sviluppo della volontà:

Uomo Spirito                       risoluzione
Spirito vitale                      proposito
Sé spirituale                        anelito

Anima cosciente             )
Anima razionale affettiva   )  (IO)  motivo
Anima senziente             )

Corpo astrale o delle sensazioni      brama
Corpo eterico                        impulso
Corpo fisico                         istinto

Per approcciare questo schema, dato ai primi maestri e che troviamo nella quarta conferenza del primo volume di Arte dell’educazione – Antropologia, dobbiamo partire dal basso, dal corpo fisico, la parte costitutiva che abbiamo in comune con tutti i regni della natura percepibili con i nostri sensi ordinari.  Steiner evidenzia come negli animali il corpo fisico viene conformato principalmente dall’istinto, oppure possiamo dire che il corpo fisico si conforma per dare manifestazione alla loro parte istintiva. Ogni animale porta una unilateralità, potremmo dire che manifesta una specializzazione, che lo contraddistingue e che ne evidenzia la parte istintiva: i denti del roditore, gli artigli ed i canini dei felini, il metabolismo dei bovini. Adattamento all’ambiente e potenziamento dell’istinto sono i cardini della sopravvivenza o dell’estinzione nel regno animale.

Diverso è il percorso evolutivo dell’essere umano. Nel primo settennio il bambino è impegnato a trasformare il corpo fisico che ha ricevuto dalla linea ereditaria dei genitori in un corpo “scolpito” dal suo corpo eterico. L’attività volitiva presente nel bambino alla nascita è l’istinto. Essa ha anche il compito, facendo uscire il bambino dall’esplorazione di sé alla esplorazione del mondo, di iniziare a provare empatia per il mondo e ad imitarlo. Il bambino imitando inizia anche a sollevarsi ed infine a cercare la posizione eretta. Mentre per il l’alimentazione, l’esplorazione del proprio corpo, siamo in presenza di pure forze istintive che riguardano il corpo fisico, per la posizione eretta ed il linguaggio è necessario che il bambino abbia la possibilità di imitare esseri umani più grandi di lui.

Quando il corpo eterico o corpo vitale compenetra il corpo fisico ed inizia a trasformarlo (questo avviene già dalla nascita e viene portato avanti in modo prevalente per tutto il primo settennio), l’istinto inizia a trasformarsi in impulso (vedi schema). Gli impulsi, pur essendo una prima manifestazione della singola individualità, restano fortemente influenzati dal corpo delle abitudini in cui il bambino viene fatto crescere, come viene gestita la sua vita di veglia e di sonno, come viene scandita la sua giornata, dagli stimoli che lo circondano ed anche da cosa vive negli adulti che si occupano di lui.

Pian piano il bambino interiorizza gli impulsi che arrivano dal mondo che lo circonda, qualsiasi essi siano, il bambino non è in grado di “giudicare” quello che gli portiamo incontro. Lui accoglie ed interiorizza tutto, i nostri gesti, i nostri stati d’animo, è permeabile anche ai nostri pensieri. Anche qui la volontà lo guida e lo adatta ad un contesto culturale. L’adattamento è una caratteristica propria dell’eterico, delle forze vitali e plastiche. Il bambino impegnato con il suo eterico nella trasformazione del suo corpo fisico, nel primo settennio prende a prestito le forze eteriche dell’adulto per organizzare la sua vita sociale. Per questo una giornata passata con dei bambini piccoli ci trova a sera piuttosto provati. Questa prova aumenta se non abbiamo una vita da condividere con i bambini fatta di gesti sensati. Quando i bambini ci vedono indaffarati a “fare cose” in relazione al mondo fisico, cucinare, spazzare, innaffiare, curare il mondo che ci circonda, ci seguono con grande interesse, traggono un sano impulso e vogliono imitarci. Quello per loro diventa giocare.

Le nostre case, per la nostra gioia, si sono arricchite di diversi elettrodomestici, per cui per lavare i panni schiacciamo un bottone, per lavare i piatti, idem. Per spazzare, pure. Per fare le scale, anche. Per spostarci giriamo una chiavetta, li almeno c’è il volante ed i bambini amano inventarsi mezzi di trasporto di qualsiasi tipo. A stirare i panni non ci pensiamo più. Pieghiamoli almeno bene, anche questo può essere un gesto sensato collegato ai nostri arti, al fare. Dove vediamo un rischio in tutto questo? Lo vediamo in un mondo sempre più povero di impulsi legati ai gesti manuali.  Il nostro mondo non è quello che ha potuto indagare Steiner, da qui la consapevolezza che dobbiamo riuscire a rinnovare la nostra responsabilità pedagogica in relazione al mondo che si trasforma intorno a noi, un mondo che educa i nostri figli in misura sempre maggiore e fuori dal nostro controllo. Crescendo la necessità di una scolarizzazione per affrontare i cambiamenti del nostro tempo, i nostri figli sono sempre più educati dal mondo. Il primo settennio resta però ancora il periodo in cui possiamo come genitori, più dei periodi successivi, fare la differenza.

Il bambino piccolo prova simpatia per i propri istinti e primi impulsi, con questa innata e preziosa forza della simpatia il bambino “gioca, salta, schiamazza, compie ogni sua azione per pura simpatia verso l’azione” (Antropologia pag. 79).

Ma questo forte volere per Steiner non può rimanere così, è necessario che pian piano attraverso gli impulsi portati dall’adulto entri anche la forza della antipatia verso gli istinti non governati. Steiner, sempre in Antropologia, sottolinea la necessità che nel percorso educativo guidato dall’adulto, questi primi istinti diventino pian piano antipatici al bambino, ovvero inizi ad essere in grado di farsi delle rappresentazioni ed in modo naturale inizi a governarli.

Se gli impulsi istintivi di cui osserviamo la presenza nel bambino, ci restassero solamente simpatici per tutta la vita, come lo sono al bambino, ci svilupperemmo animalescamente sotto l’influsso dei nostri istinti. Questi istinti devono diventarci antipatici e lo diventano attraverso i nostri ideali morali, ai quali gli istinti sono antipatici. (Antropologia pag. 80).

In una realtà culturale indirizzata a fare percepire sempre più antipatici gli impulsi morali e simpatici gli istinti, il compito culturale della pedagogia steineriana diventa controcorrente, ma necessario, soprattutto se lo indaghiamo alla luce della sua visione antropologica. Credo che il compito religioso di una comunità sia quello di togliere agli impulsi morali le false velature bigotte e moraliste che li deturpano e ridare loro il compito universale, universalmente umano, che trascende ogni religione. Noi adulti fatichiamo a riconoscere il nostro compito nell’ambito educativo, a nostra volta sottovalutiamo l’importanza di conquistarci una visione centrale, di equilibrio, quale Steiner raffigura nel gruppo ligneo del rappresentante dell’umanità, da lui scolpito ed esposto a Dornach presso il Goetheanum, dove il Cristo, figura centrale, tiene a bada le due polarità insite in ogni essere umano, quella istintiva governata da Lucifero e quella materialistica governata da Arimane.

Questi nomi possono mettere in difficoltà chi non ha famigliarità con la letteratura antroposofica ma danno una identità spirituale a forze che agiscono dentro di noi. Eliminarle non ci è possibile, non saremmo donne e uomini di questa terra, tenerle a bada è il nostro compito evolutivo, ignorarle è pericoloso perché rischiamo di lasciarle agire indisturbate dentro di noi e pian piano guidare i nostri “motivi” verso obiettivi non morali e spirituali ma puramente istintivi e materialistici. Queste forze Steiner le chiama anche forze dell’ostacolo, ovvero che hanno il compito di ostacolare la nostra evoluzione manipolando e soggiogando la nostra libertà.  Senza questa chiarezza rischiamo anche di cadere in balia di religioni integraliste o lassiste, a loro volta succubi di queste forze. E tutto questo inizia anche dal giocare.

Steiner ci parla delle tre nascite, la prima del corpo fisico alla nascita vera e propria, poi quella del corpo eterico verso i sette anni, poi la nascita del corpo astrale con la maturità sessuale, possiamo vedere anche queste tre tappe in relazione al risveglio della volontà. Gli impulsi sono frutto dell’eterico che iniziando a conformare il corpo fisico trasforma gli istinti in impulsi, ma quando l’eterico nasce, verso il settimo anno, il bambino modifica il suo atteggiamento verso gli impulsi. Nel primo settennio il bambino non governa i propri impulsi, inizia invece a governarli nel secondo settennio ma sempre in una stretta relazione con il mondo che lo circonda, il bambino continua ad affidarsi, anche se in modo sempre più privilegiato verso gli educatori ed i coetanei. Con la maturità scolare, è il corpo astrale che, liberandosi lentamente dal corpo fisico, inizia ad afferrare l’impulso ed a trasformarlo in brama, in desiderio (vedi schema). Avendo la brama una natura animica, Steiner ci dice che tende a comparire ed a scomparire, non persiste come l’impulso.

Con la maturità terreste o sessuale, verso il quattordicesimo anno, le brame prendono sempre più spazio nella vita interiore delle ragazze e dei ragazzi, ma qui possiamo iniziare a vedere il manifestarsi di un cambiamento nella volontà che è propria solo dell’’uomo. Nell’animale istinto, impulso e brama restano un tutt’uno, non hanno una metamorfosi in quanto l’animale non ha un IO in grado di trasformare gli impulsi volitivi in motivi, ad elevarli a motivi (vedi schema). L’essere umano sì.

Ora apriamo una breve parentesi che riguarda le tappe di risveglio dell’io, la prima tappa si manifesta intorno ai tre anni, quando il bambino inizia a parlare di sé in prima persona ed abbandona le frasi in terza persona, procedono poi con il ritmo dei tre anni fino al nostro ventunesimo anno di età. Queste tappe di risveglio dell’io accompagnano il manifestarsi degli impulsi volitivi, come motivi, nell’anima vera e propria, anche prima dei 21 anni, ma in modo molto graduale e per essere governati dall’io devono avvenire non prima della maturità sessuale. Steiner non ci dice che il motivo appartiene all’anima senziente, piuttosto che a quella razionale o cosciente, il motivo è proprio solo dell’uomo. Il motivo è governato dall’io che vive nella nostra anima. Steiner non parla mai della nostra anima come radice della parola anima-le, tiene a grande coscienza questa radicale differenza, l’anima senziente, razionale-affettiva e cosciente sono proprie solo dell’essere umano così come i motivi.

Il motivo, essendo in relazione con l’Io, può accompagnare ulteriormente la nostra evoluzione dall’anima allo spirito (vedi schema). Allora il motivo può muovere in noi gli aneliti ed anche i propositi. Steiner ci dà delle indicazioni per portare degli impulsi morali, non di tipo confessionale ma che scaturiscono dalla interiorità dei singoli, nelle nostre retrospettive e prospettive per muovere aneliti e propositi verso una evoluzione di tipo spirituale. La tensione a fare meglio, l’anelito a migliorare, dovrebbe essere una tensione continua dentro di noi, non una frustrazione, ma un germe che ci accompagna tutta la vita e che diventa la sostanza spirituale che si trasforma nella nostra realtà dopo la morte.

Peter Selg nel testo La volontà verso il futuro a pag. 24 scrive:

Di regola gli impulsi volitivi propri dell’individuo non sono assolutamente del tutto consapevoli; gran parte del suo agire si verifica piuttosto nell’oscurità dell’istante vissuto, senza che il singolo sia sufficientemente consapevole della più profonda necessità e realtà che vi si esprime.

Questo significa che fino a quando l’io non è in grado di assumersi il suo compito evolutivo che è quello di nobilitare e rafforzare le sottostanti parti costitutive e questo avviene verso i 21 anni quando l’individuo matura la facoltà di autoeducarsi, la guida dei suoi impulsi volitivi è affidata a noi educatori, genitori od insegnanti che sia. Siamo in una prima fase le loro guide, almeno per i primi due settenni, fino alla maturità sessuale, poi dobbiamo saperci trasformare in buoni consiglieri ma sempre necessari compagni di viaggio in questi primi passaggi di crescita di ogni singola individualità. La cura dell’emergere dei loro motivi nel loro percorso evolutivo è un nostro compito educativo che però non può prescindere da un nostro rigoroso lavoro di autoeducazione.

Occuparsi di educazione è il più formidabile stimolo per lavorare su noi stessi, non perdiamo questa opportunità.

Questo scritto ne vuole essere una testimonianza.

Alla luce di tutte queste considerazioni entriamo nel mondo del “giocare”. Sul piano delle forze vitali, dell’eterico, non posso non evidenziare quanto il gioco infantile abbia subito una contrazione rispetto al movimento dovuta all’intensificarsi di tecnologie pensate per intrattenervi (trattenervi) i bambini fin dalla primissima infanzia. Spesso si preferisce fare percepire ai bambini il mondo attraverso uno schermo ed addestrarli a tasti e tastiere che con facilità squadernano una infinità di mondi. A tutto questo stringe l’occhio anche la scuola con l’utilizzo di giochi cognitivi pensati per fare procedere i bambini entro percorsi guidati, prepensati, che nulla hanno a che fare con la fantasia e l’immaginazione figlie della volontà. Percorsi misurabili a cui corrispondono prestabiliti gradi di apprendimento. Non meno successo hanno i video giochi o giochi di abilità sempre riconducibile ad una specializzazione, a livelli raggiunti e superati, a prestazioni misurabili. L’esperienza è quella del contenimento, del potenziamento del polo materialistico a discapito di quello del volere, di un libero movimento nell’ambiente. Gli impulsi sono guidati ma non da un altro essere umano, da un contatto umano, ma da una macchina. Anche questo è un addestramento che lavora su quello che possiamo definire il polo del freddo, dell’indurimento, il polo materialistico di Arimane.

Ad una sovraesposizione dei bambini ai tablet ed ai telefonini, psicologi, psicoterapeuti, insegnanti, assistenti sociali, stanno alzando un allarme visto che da anni stanno raccogliendo le conseguenze dannose di tutto questo, ma qui è il mercato che la fa da padrone e trova nei genitori i suoi più remissivi alleati: così fanno tutti. Dai 14 anni, che era l’obiettivo da raggiungere per avere il cellulare fino a pochi anni fa, siamo passati rapidamente ai bambini che hanno lo smartphone dalle prime classi delle elementari. “Lo hanno tutti i suoi amici, lei o lui non può sentirsi diverso, come fa a socializzare? A tale riguardo consiglio la lettura del testo “Vietato ai minori di 14 anni” scritto dal medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva, Dr. Alberto Pellai e la Psicopedagogista Barbara Tamborini. Gli addetti al settore sanno benissimo che questa escalation è molto pericolosa e cercano di arginarla con un decalogo pieno di buon senso.

Mentre su questo polo del freddo, che sottrae forze vitali ai bambini in crescita, abbiamo un dibattito che vede gli specialisti allarmati, molto più contraddittorio è il dibattito che riguarda il polo dell’astrale, dei desideri dei bambini da appagare.

Fino a poco tempo fa solo su di un piano materiale (dimmi che cosa vuoi che ti compri, scegli tu il tuo giocattolo, vuoi questo o quello), ultimamente anche sul polo della esplorazione sessuale, il bambino riconosciuto consapevole nella ricerca della propria identità sessuale. Possiamo approfondire questo tema per capire che cosa sta succedendo attraverso il corposo fascicolo che è uscito sugli “Standard per l’educazione sessuale in Europa”, la famosa Agenda Venti-Trenta (2030), ovvero tutto quello che siamo chiamati a realizzare nella comunità europea per lo sviluppo sostenibile, in 17 diversi ambiti, entro quella data. Questo documento è stato scritto da addetti al settore, in parecchi stanno spingendo in questa direzione. C’è il problema del bullismo? I femminicidi? La violenza verbale sulle donne? L’abuso sui minori? Bisogna partire dall’educazione sessuale nelle scuole. Bene, giusto, ma con quali consapevolezze? Partendo da quali presupposti? Andiamo intanto a rapportarci con quanto è già stato elaborato e messo a disposizione di chi vuole intraprendere nella scuola questa strada.

Vediamo alcuni estratti. Nella prefazione si presenta così: “Il presente documento vuole contribuire ad introdurre l’educazione sessuale olistica, fornisce a bambine/i e a ragazze/i informazioni imparziali e scientificamente corrette su tutti gli aspetti della sessualità e contemporaneamente li aiuta a sviluppare le competenze necessarie ad agire sulla base delle predette informazioni, contribuendo così a sviluppare atteggiamenti rispettosi ed aperti che favoriscono la costruzione di società eque.”

Abbiamo individuato i fini, ora vediamo i mezzi.

Una delle principali motivazioni di chi vuole promuovere l’educazione sessuale nelle scuole è il proliferare dell’abuso sessuale sui minori. Noi adulti non siamo più educabili, allora interveniamo sui bambini. Ma in che modo? Partendo da diverse motivazioni gli addetti al settore hanno trovato la rotta di convergenza verso concezioni di tipo maggiormente olistico dell’educazione sessuale, la cui motivazione fondamentale divenne la convinzione che si debbano sostenere, rafforzare e mettere i giovani in grado di gestire la propria sessualità in modo responsabile, sicuro ed appagante anziché indirizzare l’attenzione sui singoli problemi e pericoli. Questa visione olistica, che vede la sessualità definita in termini più ampi, non focalizzandosi necessariamente sui rapporti sessuali è attualmente predominante tra gli esperti di sessualità e salute sessuale di tutta Europa. Cappuccetto rosso che è stata mangiata dal lupo ha fatto il suo tempo.

Per i bambini di 0/4 anni viene messo l’accento sul fatto che il bambino deve essere messo nella condizione di parlare del proprio corpo, delle sensazioni che prova, viene messo al corrente della gravidanza, della nascita, deve ricevere le basi della riproduzione umana, essere informato in modo scientificamente corretto da dove vengono i bambini. Si inizia anche ad aprire il capitolo della sessualità affrontando il tema della gioia e piacere nel toccare il proprio corpo, masturbazione della prima infanzia.

Il fatto innegabile che la gioia del contatto fisico sia un aspetto normale della vita di tutte le persone mi fa riflettere su diversi aspetti: dove eravate durante il Covid? Come possiamo affrontare questi temi se non partiamo da noi stessi. Parliamo con i bambini perché non siamo in grado di lavorare sui nostri limiti e pregiudizi?

Tra le competenze da potenziare nell’ambito della sessualità troviamo: acquisire consapevolezza dell’identità di genere, parlare delle sensazioni (s)piacevoli del proprio corpo ed esprimere i propri bisogni, desideri e limiti, ad esempio nel gioco del dottore. Ed ecco che ritroviamo il gioco come strumento per veicolare la volontà, in questo caso per appagare desideri.

Siamo sicuri che questi obiettivi dati dall’esterno, da un protocollo valido per 53 diversi paesi, non ci inducano a risvegliare bisogni che in realtà sono frutto della trasposizione di nostre frustrazioni? Se il bambino impara per empatia ed imitazione come si muove l’educatore adulto in questo percorso educativo? Faremo dei corsi per educatori mirati al raggiungimento di queste competenze? Si impronterà un esame all’università per futuri educatori sessuali? Se parliamo della masturbazione come piacere nel toccare il proprio corpo, perché non affrontiamo anche il tema del mettersi le dita su per il naso, del mangiare con le mani, anche queste cose danno piacere, che ruolo assume l’adulto come guida? Diventiamo gli osservatori di un esperimento generazionale, alla prossima vediamo cosa succede?

Nei 4/6 anni non ci sono tante differenze rispetto al periodo precedente, si inizia a parlare anche dei miti sulla riproduzione, ora si allargano le vedute delle bambine/i parlando anche della cicogna come mito, come cosa che si racconta ai bambini non fortunati come quelli a cui vengono dette le cose scientificamente corrette. Per le emozioni si inizia ad aprire l’orizzonte verso l’amicizia e l’amore anche per le persone dello stesso sesso. Ma se l’amore per le persone dello stesso sesso non fosse per noi adulti un tabù, i bambini non avrebbero bisogno di nessun indottrinamento da parte nostra, lo sperimenterebbero e solo in questo modo lo potrebbero accogliere come un fatto naturale. Si inizia in questa fascia di età a parlare loro degli abusi, di alcune persone che non sono buone, che si fingono gentili ma che possono essere violente. Sul piano degli atteggiamenti sulla sessualità, la salute ed il benessere, il focus viene portato su: la convinzione che spetta a loro decidere, la consapevolezza dei rischi, apprezzamento per il proprio corpo e la consapevolezza dei propri diritti.

A 6/9 anni tra le competenze viene messa in evidenza l’accettazione del bisogno di privacy proprio ed altrui, affrontare il sesso nei media, utilizzo del linguaggio sessuale non offensivo, parlare delle proprie esperienze, dei propri desideri e dei propri bisogni rispetto alle norme culturali.

Si evidenzia che facendo leva su questo polo abbiamo un risveglio anticipato del corpo astrale e ne potenziamo la parte istintiva legata al corpo fisico.

Tutto quello che viene risvegliato anticipatamente rischia di non diventare un processo libero ma indotto e come tale non si manifesta nella sua autenticità ma come una caricatura del naturale percorso di risveglio dell’io affidato alle tappe evolutive, diventa un nostro prodotto, di nuovo un nostro prodotto, il frutto di una nuova cultura che vogliamo fare emergere senza basi antropologiche e conoscitive incentrate sulla natura dell’essere umano.

Se non riusciamo a mettere a fuoco i nostri pregiudizi, se semplicemente li rimuoviamo, rischiamo di mettere al centro un astratto percorso educativo in cui i bambini non sono quanto di più prezioso il mondo spirituale ci ha affidato, ma cavie di un esperimento generazionale in cui la parola spirito è aborrita.

Rudolf Steiner offre a noi educatori un punto di partenza per la nostra ricerca pedagogica. Tutto quanto verrà escogitato in ambito educativo senza tenere conto della natura del bambino, come corpo, anima e spirito, risulterà solo una vuota ricetta, molto spesso una presuntuosa “vanteria” accademica senza un adeguato riscontro pratico.  Gli spunti per l’educazione potranno arrivarci solo da una accurata conoscenza dell’essere umano in formazione, dalla conoscenza delle tappe di sviluppo del suo corpo, della sua anima e della sua individualità intesa come eterna sostanza spirituale che dobbiamo fare sì che possa manifestarsi in ogni essere umano. Questo per cercare di sviluppare come educatori il giusto atteggiamento interiore per relazionarci con gli esseri umani in divenire quali sono le bambine ed i bambini di ogni tempo e di ogni cultura.

In antitesi al polo del freddo che abbiamo visto come lavora sull’eterico tramite un uso sempre più anticipato e privilegiato della tecnologia, abbiamo, con una educazione sessuale che lavora sugli istinti, un risveglio anticipato del polo del calore, di un calore però che non scalda ma che brucia, brucia tappe, brucia forze immaginative, brucia la coscienza dormiente e sognante della prima infanzia.

Un ruolo lo hanno anche i giochi intesi come bambole che non sono bambine da accudire ma piccole donne da emulare, qualche volta con i super poteri ed altre volte con i super trucchi e tacchi. Ai maschi vengono proposti giochi in cui è la forza a farla da padrone, il trasformer, l’uomo con prestazioni sempre più vicine alla macchina come modello di forza e potere. In una società che vuole promuovere una visione fluida della sessualità, i giocattoli fanno ancora leva su delle polarità stereotipate. Questo sarebbe un bel piano di confronto tra il mondo accademico che si occupa di educazione ed il mercato dei consumi, tanto lavoro da fare per abbattere stupidi stereotipi in cui il femminile ed il maschile sono proposti come caricature di una cultura che fa da sponda a tanti tipi di abusi sui minori.

Potremmo riflettere anche su come una multinazionale del giocattolo, impero al servizio della manipolazione culturale delle generazioni future, ancorata per decenni su grotteschi stereotipi, abbia sentito il richiamo del gender free per rispondere ad una nascente e forse ghiotta fetta di mercato che potrebbe scaturire da questo nuovo approccio all’educazione sessuale. Ha per esempio lanciato la bambola gender free che è un tale orrore che non so quanto successo potrà avere. Molto banale nella sua realizzazione, una bambola metà maschio e metà femmina, nel senso che ha la parte destra di un genere e quella sinistra dell’altro, volto compreso. La storica Barbie non si è tirata indietro neppure davanti a questa trasformazione. Va così di moda essere fluidi che vendono dei normali mattoncini con la dicitura “gender free”. Nella categoria si trovano fortunatamente tanti giochi classici come camioncini e macchinine in legno, altri giocattoli in legno, piccole raccolte di animali, giochi Montessori. Fin che il bambino non sa leggere può giocare tranquillamente sperando che nessuno gli spieghi cosa significhi “gender free”, ma non ci conterei troppo. Playmobil invece è criticato perché propone troppe famiglie classiche, il grido unanime è: lotta agli stereotipi.

Il risveglio anticipato di processi e facoltà rallenta o addirittura inibisce la possibilità di maturare le tappe successive. Bambini in ostaggio della tecnologia, che li rende ben presto dipendenti, introdotti in uno stile di vita in cui non sperimentano i loro arti come strumenti del fare per gli altri, prigionieri del polo del freddo, immersi in una realtà virtuale, in ostaggio ad impulsi provenienti da una macchina faranno molta più fatica a governare in modo libero la fase successiva della volontà, ad avere impulsi volitivi liberi in grado di approcciare a motivi liberi e non indotti.

L’umanità percepisce il compito di questa epoca di cultura, il compito affidato ad ogni singolo individuo di trovare una sua libera espressività, di trovare motivazioni libere, ma stiamo brancolando nel buio perché vogliamo ignorare la luce che ci viene dalla nostra essenza spirituale ancora tutta da riconoscere. Per le forze dell’ostacolo intercettarci in questo momento evolutivo è importantissimo, riescono così ad indebolire la nostra volontà imprigionandola fin dalla più tenera età nella tecnologia (vedi cosa sta succedendo in misura quasi esponenziale agli adolescenti), oppure ad indirizzare i nostri impulsi evolutivi a motivazioni da loro alimentate. Riescono così ad ottenere con facilità l’obiettivo di impossessarsi del nostro io manovrandone i motivi.  Questo è il ruolo che Steiner attribuisce alle forze dell’ostacolo per portare avanti la loro evoluzione a nostro discapito.

Seguendo questi pensieri portiamo chiarezza alle conseguenze di certi percorsi, diventa anche comprensibile il compito della pedagogia steineriana come strada da percorrere per trovare una nuova luce. Una via pedagogica di risanamento non un indottrinamento esoterico. Per questo diciamo che non è un metodo, ma è un impulso verso il potenziamento dell’universalmente umano inteso in senso Cristico. Il Cristo, venendo sulla terra, si è messo al servizio della nostra evoluzione mettendo in luce come agiscono le forze dell’ostacolo nella loro polarità. Con parole di verità ci ha indicato la via per mantenere in vita e fare evolvere il germe spirituale che è in ognuno di noi. Queste parole di verità possono continuare a rinnovarsi dentro di noi, grazie alla nostra coscienza, se la nostra ricerca di educatori è sincera ed al servizio della libertà delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi che il destino ci affida.

Reggio Emilia, 02/02/2024