Il Carnevale si festeggia appena passata la fase più buia dell’inverno, di solito in febbraio, momento dell’anno in cui cominciamo a notare che le giornate si stanno nuovamente allungando. Nei paesi cattolici precede la Quaresima, il periodo di penitenza della durata di quaranta giorni, in preparazione alla Pasqua. È quindi una grande celebrazione che ricorda il risveglio della Natura dopo il sonno invernale; la terra feconda ha custodito i semi dal gelo e li libera ora perché possano presto fiorire e nutrire gli animali e gli esseri umani. Qui potete leggere una riflessione di Antonella Zanti sul significato profondo di questo periodo.

Il Carnevale ha, dunque, origini pagane e ancestrali (già gli egizi festeggiavano riti mascherati in onore di Iside), riunisce riti di fecondità e fertilità con la voglia di allegria e di riso, celebrando così il risvegliarsi della vita dopo il sonno dell’inverno. La gioia sfrenata, lo scherzo e il ridere sono intimamente collegati infatti all’esorcizzazione della morte e del lutto che accompagnano l’assenza di luce. Così il mascherarsi, il sovvertire le regole e le gerarchie sociali concedevano già in tempi antichi l’occasione di ribaltare l’ordine e i ruoli sociali: gli uomini si travestivano da donna, le donne da uomini, i poveri da ricchi, i ricchi da giullari e viceversa. Perciò si usa dire “a Carnevale ogni scherzo vale”.

Festa in maschera – salterio di Luttrell, XIV secolo.

Probabilmente il termine “Carnevale” deriva dal latino carne levare, cioè togliere la carne, proprio in occasione della Quaresima, indicando il digiuno che ne deriva e la conseguente purificazione richiesta in quel tempo.

Nella scuola festeggiamo solitamente il “Martedì Grasso”, celebrando insieme il momento di gioia nella seconda parte della mattina. Ogni classe, dalla I all’VIII, decide di donare alle altre una poesia, un canto o una piccola recita buffa, che vengono preparati per l’occasione nelle settimane precedenti. Ai bambini e ai ragazzi è così data la possibilità di travestirsi e mettersi i panni di un personaggio da portare in scena, di vivere nelle “spoglie altrui” sottolineandone le unilateralità che ci portano a vederne il lato comico.

Solitamente gli insegnanti propongono scenette collegate all’età dei propri alunni o argomenti collegati al piano di studi; così spesso in III classe vengono proposti insoliti artigiani o mastri di bottega molto maldestri o pasticcioni; in classi più alte vengono rappresentanti insoliti spaccati di vita scolastica, con insegnanti incapaci o alunni davvero indisciplinati e gli insegnanti stessi, tralasciando le cattedre per un momento, a volte si travestono da animali o buffi personaggi per strappare un sorriso e una sana risata a tutti i partecipanti!